l’editoriale Corresponsabilità sociale sulla salute mentale di Alberto Gobbini Cooperativa La Rete
Nel 1978, con l'approvazione della Legge 180, più nota come legge Basaglia, prendeva avvio la riforma dell'assistenza psichiatrica, traduzione istituzionale di una nuova concezione della malattia mentale. Non solo si iniziò allora a parlare di salute mentale, con un'inversione di prospettiva che permetteva di allargare il paradigma della cura dall'individuo al sistema delle relazioni di cui il paziente come persona fa parte, ma, anzitutto, alla persona con un disturbo mentale fu riconosciuta la piena cittadinanza e la titolarità dei diritti, fra cui il diritto alla salute che diveniva il perno della sua cura.
Il Sistema Sanitario Nazionale, istituito con la Legge 833/1978, divenne titolare e garante del diritto all'assistenza e alla cura della sofferenza mentale, ma solo negli anni - attraverso diversi atti normativi nazionali, regionali e locali – si sviluppò l'articolazione di istituzioni, funzioni e dispositivi organizzativi la cui apparente complessità risponde, da un lato, al criterio della massima adesione al territorio in cui i cittadini vivono e, dall'altro, a quello del più ampio coinvolgimento di ruoli e competenze, differenziati in varie professionalità, per rispondere e soddisfare i diversi e complessi bisogni che la tutela e la cura della salute mentale richiedono. Giunse nel 1999 il D.Lgs 229 che regola, favorisce e finanzia le nuove strutture residenziali per l'assistenza psichiatrica e che assegna alla rete istituzionale e sociale nel suo insieme il compito di organizzare le risposte alla cura della fragilità mentale dei suoi cittadini, nel rispetto della territorialità, con il ricorso a competenze interdisciplinari e nelle forme della corresponsabilità sociale sulla salute mentale. In Lombardia, è oggi la DGR 4221 del 2007, che definisce le caratteristiche delle strutture residenziali, differenziate in relazione a grado di assistenza e livelli terapeutico-riabilitativi offerti.
Le diversità intese come arricchenti, il confronto e lo scambio come elementi necessari alla crescita trovano spazio in un'architettura dell'assistenza che interpreta il concetto stesso di salute ormai uscito dai confini della clinica in senso stretto e approdato alla definizione più ampia e completa di «stato di benessere fisico, psichico e sociale». Cura e riabilitazione psichiatrica così delineati necessitano dunque di molteplici interventi, da distribuire fra diversi attori della comunità sociale e da integrare fra loro.
È in questo panorama organizzativo gestionale che «La Rete», sia come ente accreditato per una comunità a Gardone VT che in convenzione con l'A.O. Spedali Civili di Brescia, oggi opera nella gestione di «Comunità Protette a Media assistenza», di «Alloggi della Residenzialità leggera» e collabora a diversi progetti che coinvolgono persone con disturbo mentale, ricordati anche in questo numero de «il nodo». Il nostro approccio, da sempre e in tutti i servizi sociali in cui operiamo, muove dal desiderio di rintracciare con la persona, nella sua rete socio-affettiva e nel suo rapporto con il territorio, le soluzioni ai problemi di cui è portatrice. Spesso nell'assistenza psichiatrica misuriamo la fatica di connettere quotidianamente le richieste delle normative a tutela della qualità dei servizi alla persona, con la vitale necessità di aprire le strutture che li erogano al contesto in cui sono inserite.
Nella pratica quotidiana verifichiamo che relazioni e collaborazioni generano confronto, limitano la solitudine, contrastano l'emarginazione che il processo educativo, riabilitativo e terapeutico trova senso e compimento nell'interazione tra le parti in causa. Eppure scorgiamo il rischio che le forme in cui si attua l'assistenza scivolino verso una lettura prevalentemente sanitaria del disturbo mentale, in cui la cura finisce per concentrarsi sul problema del singolo individuo limitando la possibilità di praticare percorsi rivolti all'inclusione sociale, mettendo così in pericolo la fedeltà ai principi stessi della norma che ispira l'architettura di tutto il sistema. Trascurare progettualità, innovazione, condivisione del sistema di reti formali e informali nel contesto sociale, rischia infatti di generare luoghi di cura solitari e isolati. Perciò siamo attenti ad ogni proposta e sperimentazione di formule di intervento sociale che alimentino i processi virtuosi dell'inclusione e della reciprocità fra la collettività sociale e chi vive momenti o percorsi di fragilità con il rischio di essere collocato ai margini, sostenendo l'incontro e lo scambio capaci di generare azioni di cura.
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